Gli 80 anni di Dylan? Un dettaglio

Gli 80 anni di Bob Dylan? Un dettaglio

Oggi Bob Dylan compie 80 anni e non credo che gliene importi granché.

In 60 anni di carriera, non è mai stato uguale. La sua voce ha attraversato la sua vita e le nostre esistenze, è cambiata in continuazione, così come il suo volto. Ha cantato canzoni folk, rock, country, soul, gospel, jazz, swing, blues. Ha contribuito alla creazione del rap. Ha dipinto, ha scritto, ha fatto film, si è convertito, ha fatto uso di droghe, ha rischiato di morire diverse volte, ha suonato nelle strade, sui treni in corsa, negli stadi. È stato infedele e al tempo stesso fedele a se stesso.
Bob Dylan “contiene multitudini”. Domani diverso da oggi o più simile a ieri.

Quel che conta per me è l’aver conosciuto uno dei più grandi artisti mai esistiti sul pianeta Terra.

La vera scoperta

Nel 2007 conoscevo già Dylan, lo ascoltavo da qualche anno, ma non mi ritenevo un suo grandissimo fan. Mi piacevano alcuni pezzi come Like a rolling stone, I want you, Jokerman, ma non mi affascinava particolarmente il suo primo periodo, quello dei primissimi anni ’60 per intenderci.
Le sue ballate acustiche, le famose canzoni di protesta, le ritenevo noiose, ripetitive. Non riuscivano a fare breccia sulle orecchie di un ragazzo cresciuto con i suoni degli anni ’90.

Quando però acquistai in libreria Chronicles vol. 1, lo lessi quasi tutto d’un fiato. Fui completamente rapito dal suo modo di narrare quegli eventi gloriosi che lo portarono a formarsi come artista. Solo allora compresi il mondo che si nascondeva dietro le sue canzoni. Le storie del Greenwich Village avevano un sapore di libertà misto a fermento. Un fermento creativo unico che attraversava i vicoli di New York e che portò Dylan a scrivere quelli che tuttora sono i suoi più grandi successi.

Bob Dylan e Suzie Rotolo

No direction home

Subito dopo aver letto il primo volume di Chronicles, acquistai il DVD di No direction home, uno spaccato sulla vita del Dylan dal 1961 al 1966. Anche in quel caso restai scioccato dalla potenza della semplicità delle sue canzoni. Avete letto bene: la potenza della semplicità. Le sue canzoni non erano più noiose alle mie orecchie, erano diventate ipnotiche. Riuscivo a cogliere le sfumature e le sottili differenze fra due strofe apparentemente uguali. Questa caratteristica è tipica dei musicisti blues. La sviluppano grazie al fatto che devono creare delle variazioni in giri armonici ripetitivi. Questo è il motivo per il quale Dylan riesce a suonare bene anche il Blues.

“No direction home” per me divenne un manifesto. Ne compresi il significato, simile a “don’t look back“, e lo presi a modello. Il suo significato intrinseco è molto semplice: non guardare indietro, non tornare a casa, guardare avanti senza rimurginare troppo su chi si è stati. Capii il senso pratico di questa frase e decisi di metterla in pratica anche nella mia vita.

Per alcune persone il futuro è rappresentato dalla scrittura di nuove canzoni. Io sono una di quelle persone. Bob Dylan aveva questa saggezza a 20 anni, cosa che fu compresa da pochi.
Sinceramente, 60 anni dopo, non so se il suo livello di saggezza sia migliorato, semplicemente perché non so se potesse essere migliorabile. Quello che posso assicurarvi però è che il livello di consapevolezza espresso attraverso una delle sue ultime canzoni è a dir poco spaventoso.
Ascoltate I contain multitudes e capirete perché.