Ho visto Diego, ho visto me
In un momento così difficile per lo sport, Ciro Ferrara ci ha fatto un bellissimo regalo. Senza sapere cosa sarebbe successo a Tigre il 25 Novembre 2020, Ciro ci ha raccontato i valori dello sport, dell’amicizia, dell’aggregazione, le difficoltà e soprattutto la storia napoletana del suo idolo e compagno: Diego.
Anche io da bambino, come tanti, sognavo di diventare un calciatore. In un campetto da tennis degli anni ’90, con le porte disegnate, in cui traverse e pali erano tutti da interpretare, io e i miei amici del quartiere correvamo instancabilmente dietro a un pallone per 7-8 ore al giorno. Eravamo allo stato brado, ma fortissimi per determinazione, passione, dedizione e forza di volontà. Ognuno di noi aveva un soprannome. Il mio era Di Livio, perché correvo instancabilmente sulla fascia e a volte segnavo.
Da accanito tifoso juventino e soprattutto di Alessandro Del Piero, conoscevo Maradona davvero molto poco. Considerate che il Napoli vinse il suo primo scudetto nel 1987, il mio anno di nascita.
Alla fine degli anni ’90 scoprii a casa di mio zio a Pozzuoli una confezione di VHS sul Napoli di Maradona e iniziai a guardarli e riguardarli, restando ammaliato dalla genialità di quel piccolo essere inumano con il numero 10.
Non sono mai diventato un calciatore, ma se sono un artista lo devo soprattutto alla sana follia di Diego Armando Maradona. Non vedo molta differenza tra lui ed Eric Clapton. Diego ci ha dato tanto. È stato pittore, scrittore, ballerino, musicista ed equilibrista. Ci ha dato il coraggio di poter esprimere attraverso uno strumento i nostri sentimenti, il nostro essere, la nostra unicità in relazione agli altri.
Grazie Ciro, grazie Diego.
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